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Immagine di uno sciatore

``Guidata`` dal suo maestro, Gemma 13 anni, affetta da disabilità visiva è diventata campionessa italiana di slalom gigante. E non è la sola sfida che ha vinto pur tra tante difficoltà


Da MerateOnline - (18 marzo 2008)

MILANO. Gemma ha tredici anni, vive tra Milano e Arlate, ed è campionessa italiana di slalom gigante. Ma la sua vittoria, ardua, raggiunta con anni di sacrifici e rinunce, è resa ancora più unica e significativa perchè Gemma è una ragazza con disabilità visiva. Nata prematura a 23 settimane, a seguito delle cure intense somministratele nelle prime settimane di vita, ha subito un distacco bilaterale della retina che le ha causato la completa cecità da un occhio e un minimo residuo di vista nell`altro. Questo, grazie all`aiuto della famiglia ma soprattutto del suo grande coraggio e tenacia, non le ha impedito di buttarsi a capofitto in molteplici discipline, sfruttando la sua iperattività e portando a casa anche un risultato come quello di sabato scorso. Mamma Mara e papà Roberto da quando Gemma aveva 3 anni l`hanno messa sugli sci, poi l`hanno "buttata" in piscina dove ha imparato a nuotare come un pesce, le hanno fatto prendere confidenza con i pattini a rotelle tanto che la casa è diventata una pista con slalom fra i mobili. Tutti tentativi di renderle un`esistenza, difficile e fra mille difficoltà, normale. Un modo per farle trascorrere il tempo e le giornate serenamente, non in solitudine e isolamento come spesso accade a molti di questi ragazzi non vedenti.

Pur non avendo mai puntato all`agonismo, Gemma sabato scorso ha strabiliato tutti: guidata da Lorenzo Migliari si è buttata a capofitto lungo i pendii del Sestriere, la nota località sciistica sede anche dell`olimpiadi invernali, per la categoria Visually Impaired. E come un ciclone ha superato i dossi, ha affrontato impavida la discesa innevata, ha sentito l`aria gelida acuita dalla velocità tagliarle la pelle del viso finchè al traguardo un boato le ha squarciato il cuore: prima assoluta nella sua categoria e dunque campionessa italiana. Mamma, papà e sorella Aurora (che peraltro è stata la sua prima guida e che l`ha sempre accompagnata in queste avventure) non volevano crederci: sapevano delle capacità di Gemma, della sua "incoscienza" ad affrontare ogni volta nuove discese a tutta velocità ma certo non si aspettavano di vederla tagliare quel traguardo per prima, la più veloce, la più brava.

Fra la guida e il non vedente si instaura un rapporto di simbiosi particolarissimo, di fiducia totale: collegati da una sorta di robottino con un microfono che trasmette i comandi e le indicazioni da seguire, l`atleta segue il suo "maestro" con grande abilità, calibrando i tempi di ricezione e di risposta, cambiando traiettoria repentinamente non appena riceve l`input. Benchè lo sci sia uno sport individuale, per i non vedenti diventa invece di squadra: intesa e fiducia sono il binomio che accompagnano la discesa dalla vetta della montagna fino a valle dove c`è il traguardo. Ad accogliere Gemma ma anche tutti gli altri concorrenti in gara c`è un clima fantastico, che non si respira in altre competizioni, quelle tradizionali: solidarietà è la parola d`ordine.

L`accompagnatore è un volontario, a Predazzo ci sono finanzieri a disposizione di questi ragazzi, li affiancano nelle settimane bianche e poi, nei giorni delle gare, si mettono al loro fianco accompagnandoli in quella che, ogni volta, diventa un`avventura. La sfida e la competizione sono con se stessi, con il proprio handicap, con la paura. Timori che scompaiono grazie all`entusiasmo e alla carica che sale da amici, parenti, conoscenti. Sulle piste tutti tifano per tutti, non si sgomita, non ci sono cattiverie o viltà. Il fallimento di uno non è di certo la gloria di un altro.

"Non è che io sono così brava, è che di ciechi che sciano ce ne sono pochi" sono state le prime parole pronunciate da Gemma all`arrivo dopo la vittoria che l`ha decretata campionessa italiana di sci nella specialità slalom gigante Visually Impaired. Significativo che una ragazzina di 13 anni cui i genitori hanno dedicato anima e corpo per farle raggiungere un standard di vita "pieno" abbia percepito questa triste realtà. Il perchè è presto detto, basta guardarsi attorno. Se nei nostri paesi esistono a malapena piste ciclabili sulle grandi strade di percorrenza e dove ci sono spesso sono maltenute e pericolose, figuriamoci come si possa pensare a strutture sportive in grado di assicurare ai questi ragazzi il diritto ad un divertimento sano. Limitati nella conoscenza del mondo dalla mancanza della vista, impossibilitati a capire con immediatezza quello che succede all`esterno si affidano per il loro diritto ad una vita "normale" alla famiglia e a quei volontari, spesso pochi, da cui dipendono vacanze, gite, possibilità di praticare sport o semplicemente di passeggiare per le strade, lungo l`Adda, in un parco giochi. Dotati di una sensibilità profonda, attenti ad ogni minimo rumore, grandi di cuore e di spirito questi ragazzi hanno sviluppato quello che i compagni a volte non fanno per via delle mille distrazioni da cui sono circondati: televisore, giochi, play station. Gran parte del loro tempo lo riempiono con la musica (Gemma studia al conservatorio e suona violoncello e flauto traverso) e lo sport perchè spesso chi li circonda, nel timore di non essere all`altezza della loro disabilità, li lascia soli. Dimenticandosi di avere di fronte niente di più niente di meno di un bambino, con i suoi bisogni, i suoi sogni, i suoi desideri. I suoi diritti: al gioco, alla compagnia e a una vita sociale con gli altri. Servirebbe una mano tesa per aiutare questi bambini a stare con gli altri, a relazionarsi con il gioco, la musica, lo sport non da soli ma tutti assieme. In Italia si sta cercando di fare molto per eliminare le barriere architettoniche "fisiche" da banche, scuole, ospedali. Giustissimo e sacrosanto. Ma sono quelle psicologiche che devono cadere. Al di là del limite fisico, dietro quegli occhi solo all`apparenza spenti o dietro quelle stampelle c`è sempre e comunque una persona in grado di amare e soffrire, di vincere e perdere, di sognare e desiderare. E questa è la medaglia più ardua da vincere.

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E noi, proprio noi, non solo vediamo il mondo, ma lo guardiamo dai campi di sci sulle montagne più alte, dalle barche a vela su laghi e mari profondi, dai rettangoli di equitazione, dai diamanti di baseball e dai poligoni di tiro con l'arco, dalle piste di pattinaggio e dai circuiti di atletica, e ancora non abbiamo finito!
Non ci servono occhiali per vedere questo mondo meraviglioso, lo vediamo attraverso lo sport!

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