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La Marmolada - Una cima conquistata.

(Avventura di un nostro socio del GSD).


E' Venerdì 18 Settembre e sono appena arrivato a Predazzo. Questa volta sarò ospite dell'Hotel Touring perché il Rosa è chiuso per termine attività estiva. Sono in camera, comincio a prepararmi per dormire e ripenso a quello che farò domani: dovrò salire fino in vetta alla Marmolada. I pensieri corrono, le domande sono tante però non ho più quel timore che avevo prima di cominciare la salita all'Adamello. C'è solo un piccolo rammarico: dovremo prendere la cestovia per fare il primo pezzo di salita perché il rifugio dove avremmo dovuto dormire non ha più disponibilità di posti letto. Però, nonostante questo, la salita sarà comunque bella impegnativa e molto tecnica. Edoardo non ci ha ancora spiegato il percorso: ne parleremo domani mentre andremo a Passo Fedaia dove prenderemo la prima corsa della cestovia per cominciare a camminare relativamente presto.

Sabato 19 Settembre.

La partenza è prevista per le 06:45 e faremo colazione durante la strada verso Passo Fedaia. Nello zaino ho già messo: caschetto, e ramponi. L'imbragatura e le ghette le ho già indossate e me le sento veramente comode! Il tragitto in auto dura circa un'oretta e poi dovremo subito prendere la cestovia per cominciare la nostra ascesa. Il percorso sarà composto da un sentiero roccioso appena visibile, un bel pezzo di ghiacciaio che ci farà salire di molto in quota, una parte di ferrata su roccia e, per raggiungere la cima, ci sarà un'ultima parte di ghiacciaio.

Arriviamo a Passo Fedaia di buon'ora e procediamo con la verifica di tutti i materiali e così, oltre a tutto quello che ho già addosso, devo anche mettere il dissipatore che sarà utile per progredire sulla ferrata e in mano dovrò tenere la piccozza: uno strumento utilissimo per la progressione sul ghiacciaio. Quella piccozza è veramente bella: lunga quanto basta per la mia altezza ed è in legno. E' veramente bella, vorrei portarmela via alla fine della giornata, ma so già che, a malincuore, dovrò restituirla.

Finiti i controlli prendiamo la cestovia: io sono con Mario, lo stesso ragazzo che era venuto con me sull'Adamello: il tragitto in piedi in quel cesto di pochi centimetri quadrati dura circa 15-20 minuti e noi chiacchieriamo del più e del meno stupendoci anche dell'altezza delle funi che ci sostengono. Fortunatamente la giornata è bellissima: il sole ormai è già bello alto nel cielo e illumina le bellissime montagne qui intorno trasformando questo paesaggio in una favola. Questo bellissimo sole ci accompagnerà per tutta la giornata.

Iniziamo a camminare intorno alle 09:00 circa e il sentiero procede bello in salita ma senza troppe difficoltà. In 20 minuti arriviamo all'attacco del ghiacciaio. Qui comincia una meticolosa preparazione e verifica di tutto l'equipaggiamento: io sarò in cordata con Cristiano Simoni e, invece, Mario farà una cordata da 3 con Moreno ed Edoardo. Inoltre sulla corda non faremo i nodi a palla perché il ghiaccio è talmente duro che il solo tiro della corda in caso di caduta in un crepaccio non basterebbe a tagliare la superficie. I metri di corda rimanenti Cristiano li metterà nello zaino. Verifichiamo anche che i ramponi siano ben allacciati stretti e che non vi siano fettucce che pendano da essi. Il sole è già bello forte, nonostante siano appena le 09:45 e così decido di mettere uno strato di crema con filtro solare 50 su tutto il viso facendo attenzione a non lasciare pezzi di pelle scoperti e sulle labbra applico uno stick apposito con filtro solare 50.

Ora siamo pronti e possiamo cominciare la progressione: il pendio si presenta subito ripido e occorre subito imprimere una certa forza ai piedi per far sì che i ramponi penetrino appena un po' nel ghiaccio vivo. La piccozza sii tiene a monte e offre un terzo punto di sostegno durante la salita. Qui devo camminare con le gambe un po' più larghe e con i piedi a papera che guardano con le punte verso l'esterno: questa posizione permette di caricare uniformemente il peso su entrambe le gambe e, su pendio ripido, questa posizione riduce il carico sul ginocchio ridistribuendolo sull'intera tibia e perone. Nei momenti in cui il pendio diventa ancora più ripido un piede va tenuto aperto "a papera" mentre l'altro va tenuto quasi parallelo sulla massima pendenza: questo permette una maggiore stabilità e sicurezza nel passo. Di tanto in tanto occorre invertire la posizione per stancare uniformemente tutti i muscoli di entrambe le gambe.

I passi si fanno sempre più piccoli man mano che il pendio diventa più ripido e occorre rimanere concentrati.

Man mano che procedo il ghiacciaio mi diventa sempre più amico e, alla fine, mi diverto quasi a percorrerlo. Arriviamo ad un pezzo molto impegnativo dove dobbiamo passare un crepaccio molto insidioso: accorciamo la distanza fra me e la guida e procediamo a passi lenti ma sicuri e determinati, anche in questo momento la concentrazione è altissima e ogni passo che facciamo è davvero una conquista.

Arriviamo all'attacco della ferrata quando ormai il sole è già bello alto in cielo e togliamo i ramponi perché sarà una ferrata tutta da scalare in arrampicata classica su roccia. Coi ramponi e piccozza nello zaino mi appresto a procedere sulla ferrata utilizzando i moschettoni del dissipatore per farmi sicurezza lungo il cavo guida.

Qui il percorso è corto e molto divertente perché ci si deve arrampicare come dei gatti facendo appello alle mie poche basi di arrampicata su roccia. Il percorso in ferrata non è lunghissimo ed è anche divertente! Arriviamo alla fine della ferrata dove l'ultimo tratto su ghiacciaio ci attende: la cima si vede già bella definita e il sole continua ad illuminare quelle bianche distese.

Indossiamo i ramponi e cominciamo a salire sempre con la concentrazione altissima: ormai la vetta è vicina, ma non devo mollare l’attenzione fino a quando non sarò davanti alla croce! In un tempo che a me sembra poco arriviamo alla sospirata cima: ce l’abbiamo fatta! Siamo arrivati in vetta! Ho scalato la mia prima montagna della vita! Vedo la croce davanti a me, la ammiro e penso alla mia amica Angelita, le dedico la vista di quel panorama mozzafiato e un brivido di piacere mi percorre tutta la schiena come un’onda energetica positiva. Sono le 12:00 e abbiamo impiegato solo 3 ore dalla cestovia ad arrivare in vetta. Siamo proprio bravi!

Lì, a pochi metri dalla croce, c’è una baracca di legno e lamiera composta da 3 stanze dove il rifugista ci ospita per una sosta dove mangiamo qualcosa, assaggiamo anche una fetta di torta comprata lì e ci reidratiamo con una gustosa radler. Rimaniamo lì a conversare amichevolmente con il proprietario della baracca e dopo 1 ora ci rimettiamo in marcia per ridiscendere a valle. Dobbiamo arrivare a prendere la cestovia prima delle 16:30 perché poi, siccome chiude, dovremmo fare il percorso a piedi.

La discesa è altrettanto impegnativa come la salita, anzi, a volte anche di più. Anche in questa fase occorre rimanere concentrati e il pericolo è sempre in agguato. In poco tempo arriviamo all’attacco della ferrata che abbiamo fatto a salire. La affronteremo al contrario andando all’indietro. Qui è più difficile perché non riesco a vedere dove devo mettere i piedi. La guida è attentissima, mi illustra ogni passo e arriviamo alla fine del percorso senza incontrare troppi problemi. Anche in questo caso occorre moschettonare con attenzione: non bisogna mai avere punti non assicurati quindi i moschettoni vanno passati uno alla volta.

Arriviamo alla fine della ferrata e ci imbattiamo in un ragazzo giovane che ha bisogno di aiuto: lo assistiamo per come riusciamo e, alla fine, dopo una lunga trattativa, chiamiamo i soccorsi. Noi riprendiamo il nostro cammino e, arrivati alla parte più ripida decidiamo di scendere con una doppia: lì Edoardo e le altre guide attrezzano una sosta con 2 chiodi da ghiaccio e predispongnoo tutti i nodi, moschettoni e la corda alla quale saremo assicurati. La discesa si farà all’indietro, camminando con le spalle a valle, useremo la piccozza per assicurarci al ghiaccio e la corda assicurata all’imbragatura accompagnerà la nostra discesa. In poco tempo raggiungiamo la fine del ghiacciaio e ci prepariamo per affrontare l’ultimo pezzo su roccia.

Affrontiamo un sentiero diverso da quello che abbiamo fatto salendo e di sentiero non se ne vede neanche l’ombra: tutte rocce smosse, placche lisce e ghiaioni ripidi. La discesa è difficoltosa, faccio fatica a vedere la pendenza e devo rimanere concentratissimo. Il mio unico pensiero era arrivare alla cestovia in tempo per scendere a valle: non avevo voglia di camminare ancora 2 ore per arrivare a Passo Fedaia.

Finalmente, dopo 3 ore di marcia, arriviamo alla sospirata cestovia che riporterà a valle in poco tempo.

Sono stanco, ho le gambe un po’ doloranti, non vedo l’ora di farmi una doccia, ma sono davvero felice di essere riuscito a compiere questa bella impresa: non pensavo di riuscirci e, soprattutto, non pensavo di riuscire ad affrontare il ghiacciaio così agevolmente.

Con questa esperienza e con quella sull’Adamello ho proprio capito cosa vuol dire vivere la montagna come lei vuole essere vissuta: è un viverla con grande rispetto ed ammirazione nei suoi confronti.

Voglio esprimere un sentito ringraziamento alla Guardia di Finanza e a Sportabili che hanno repo possibile tutto questo: mi hanno permesso di conoscere la montagna da un altro punto di vista e, soprattutto, queste 2 esperienze mi hanno insegnato davvero tanto.

Grazie di cuore a tutti e alla prossima avventura.

Diego Chiapello

E noi, proprio noi, non solo vediamo il mondo, ma lo guardiamo dai campi di sci sulle montagne più alte, dalle barche a vela su laghi e mari profondi, dai rettangoli di equitazione, dai diamanti di baseball e dai poligoni di tiro con l'arco, dalle piste di pattinaggio e dai circuiti di atletica, e ancora non abbiamo finito!
Non ci servono occhiali per vedere questo mondo meraviglioso, lo vediamo attraverso lo sport!

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